Sla, la scelta di Rosanna: «Ho smesso di pensare all’eutanasia. Ho scelto di vivere>>

L’appuntamento è alle 11 in una palazzina affacciatasul lago a Pescate. «Perché anche se la sveglia è all’albaci vuole tempo per preparare Rosy, lavarla, sistemarla, le terapie. Altro nonserve, lei è già bella così», spiega Marco. «Ciao», la voce delsintetizzatore vocale ci accoglie all’ingresso. Con gli occhi Rosy guarda loschermo e il pensiero si trasforma in parole. Il letto, il rumore delventilatore polmonare, il computer dove scorrono le fotografie del loromatrimonio: 24 settembre 1988, sabato saranno 34 anni. Festeggerannol’anniversario insieme ai figli, Lorenzo e Manuel, l’ultimo aveva solo sei anniquando alla mamma è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotroficabulbare, la forma più rara (tre casi ogni 100 mila abitanti) e con prognosipeggiore. L’aspettativa di vita non supera i dieci anni dall’esordiodella malattia.

Ne sono trascorsi 13 da quando i medici hanno detto aRosanna Rosanna Cerinzia che aveva la Sla. «Lei ha scelto di vivere — dice ilmarito Marco Capelli —. Insieme abbiamo ragionato alungo sull’eutanasia. Soprattutto i primi anni, quando ha perso il movimento,la parola, la capacità di deglutire e mangiare. Aveva paura di fare latracheotomia, ha aspettato fino all’ultimo. Poi un giorno mi ha detto:voglio veder crescere i miei figli. La decisione era presa, non ha piùcambiato idea». Marco racconta, Rosy immobile nel letto con lo sguardo azionail sintetizzatore: «Si è così». La frase ripetuta più volte mentre il maritoripercorre la loro storia. Il fidanzamento quando erano solo due ragazzini, lenozze, il mutuo, i figli, tanti progetti. «Non era così che avevamo immaginatoil nostro futuro — continua lui —. Quando Rosy si è ammalata aveva solo47 anni, era il 2009. La situazione è precipitata velocemente. Ho lasciatoil lavoro per starle vicino. In realtà avevo chiesto di poter usufruiredella legge 104, ma la ditta dove ero impiegato da 36 anni è fallita ventigiorni dopo la presentazione della domanda e così mi sono dovutoarrangiare». Non c’è rabbia nella voce di Marco, anche quando spiega che gliamici sono scomparsi quasi tutti, che l’aiuto è davvero poco, unafisioterapista due volte alla settimana, l’infermiera per le medicazioni, che èpreoccupato per la prossima bolletta elettrica. «Chissà che cifra mi arriverà —scuote la testa —, ma del resto il ventilatore polmonare non si può certospegnere. Su quello non si possono ridurre i consumi». Sorride mentre raccontala passione recente per la fotografia.

La moglie muove gli occhi e indica i poster appesialle pareti: il borgo di Pescarenico, il Resegone, un tramonto infuocato sullago. «I figli lavorano, ma quando riesconomi danno il cambio per un paio d’ore. Allora esco e inizio a scattare. Cosìposso far vedere a Rosy i paesaggi che amava tanto». Ancora la voceelettronica: «Alza lo specchietto». È Rosy. Il marito ha montato sulletto lo specchio retrovisore di un’auto e lei da lì riesce a vedere il lago ele montagne alle sue spalle, dietro la grande finestra del soggiorno. «Sonole sue piccole gioie quotidiane, insieme ai baci e alle carezze dei nostriragazzi. Ha scelto di non lasciarli, una decisione difficile, quasiimpossibile, ma che io ho condiviso fin da subito. Domani festeggeremo 34 annidi matrimonio e lo faremo insieme».