ADI IN REGIONE LOMBARDIA: FONDI, RIORGANIZZAZIONE, INTEGRAZIONE

Al convegno “Assistenza Domiciliare Integrata. Ieri, Evoluzione e Sviluppo” gli interventi dei  rappresentanti istituzionali hanno delineato le linee cardine del Piano di riorganizzazione del sistema socio sanitario lombardo, richiesto dal Ministero e che tiene conto dei finanziamenti alla sanità previsti dal PNRR, il programma nazionale di investimenti con le risorse del Recovery Fund.  
Il percorso di revisione della legge 23/2015 che regola il servizio sanitario in Lombardia è iniziato dalla lettera inviata dal ministro Speranza il 15 Dicembre del 2020 al Presidente di Regione Lombardia, in cui sollecitava a rivedere la legge sulla base di una relazione dell’AGENAS che ne indicava gli aspetti critici. 
Il Ministero dava quattro mesi di tempo per attuare i correttivi richiesti da AGENAS, suddivisi in necessari, che la Regione era tenuta a rispettare, e migliorativi, che erano raccomandati pur senza essere considerati obbligatori

“Partiamo da un dato” - ha spiegato Emanuele Monti, Presidente Commissione Sanità e Politiche Sociali- “ovvero la grande opportunità offerta dai fondi del PNRR: per la prima volta abbiamo un progetto da realizzare e anche i soldi per farlo”. 
Il Piano di Riorganizzazione non mette mano alla legge sanitaria lombarda, la 23 del 2015, ma ne attua una riorganizzazione quanto al servizio territoriale. 
Tale scelta è coerente con i tempi a disposizione, che prevedono non solo l’utilizzo dei fondi, ma la messa a regime dei servizi entro il 2026. L’iter di lavoro ha coinvolto in modo fondamentale gli stakeholder (erogatori), che in ripetute audizioni  e convegni hanno presentato emendamenti e proposte per diverse centinaia: alcune già accolte, altre in fase di analisi e previste in commissione sanità per il 28 ottobre 2021. 
“L’Assistenza Domiciliare Integrata” – ha detto Monti “è snodo chiave del processo di riorganizzazione, ma altrettanto fondamentale è la sua integrazione con tutti gli altri servizi territoriali, anche al fine di una profonda sburocratizzazione del processi, che renda il circuito efficiente ed efficace”. 

Punto focale del nuovo circuito il Distretto, che sarà piccolo, erogativo e connesso con tutti gli altri soggetti del territorio, in particolare attraverso le COT, Centrali Operative Territoriali, punti di accesso e interfaccia con il cittadino interni al distretto stesso.

“L’ADI è un servizio pubblico, erogato da attori pubblici e privati”, ha concluso Monti, “questo è il modello della Regione Lombardia, entro il quali intendiamo continuare a muoversi e convogliare le risorse disponibili”. 

Giovanni Pavesi, Direttore Generale Welfare, ha messo sul tavolo alcuni numeri: 2 miliardi e 700 milioni sono gli stanziamenti previsti dal piano nazionale per il sostegno dell’Assistenza Domiciliare, di questi, circa un sesto sono destinati alla Lombardia.  
La qualità del servizio ad oggi non è omogenea: a fronte di aree dove la collaborazione con il privato a prevalenza sociale garantisce assoluta continuità e qualità della cura, ve ne sono altre in cui si fa fatica a reperire erogatori. Il nodo da sciogliere è come sopperire a tale divario, anche ipotizzando un ingresso operativo del pubblico, che si doti di unità di offerta proprie. 
Resta critica anche la questione relativa al reperimento degli operatori, in particolare infermieri. 
L’emergenza Covid ha determinato una grande richiesta da parte delle strutture pubbliche e in seguito la campagna vaccinale ha fatto il resto, offrendo impiego professionale altamente remunerato e con una responsabilità che comunque è sempre subordinata alla figura del medico presente. 
Luca Degani, Presidente Uneba Lombardia, ha posto l’accento sul sistema di rendicontazione e remunerazione dell’ADI, a suo avviso obsoleto. “Lavoriamo su di una lettura prestazionale della domiciliarità – ha detto – “in un epoca in cui l’invecchiamento della popolazione determina condizioni di acuzie che evolvono verso la cronicità a lungo termine, situazioni di pazienti con risvolti anche sociali della presa in carico.  Vale la pena forse ragionare sul domicilio a 360 gradi, identificando bisogni anche strutturali delle stesse abitazioni (paziente nel domicilio e non solo al domicilio) e tecnologici (telesorveglianza, telemedicina, ecc.)  per arrivare a una presa in carico globale, in cui l’erogatore sia attore del percorso di cura, secondo un budget che abbi come obiettivo l’intero iter di vita della persona.   
Angelo Mainini, Direttore Sanitario uscente della Fondazione Maddalena Grassi dopo oltre vent’anni di servizio ha illustrato i dati di 12 mesi di assistenza erogata e ha messo in luce alcuni dati di criticità, tra cui le più rilevanti: 
- richiesta crescente, sia quantitativamente, sia qualitativamente 
- adeguamento del riconoscimento economico non conforme all’aumento suddetto carenza di personale medico specialistico e infermieristico

Audio interventi: