"Ti ho incontrato per sempre" recitava il sottotitolo del docufilm La Casa, la Cura, che realizzammo per il venticinquesimo anniversario della Fondazione, insieme all'omonimo libro scritto da uno dei Fondatori, il dott. Alessandro Pirola.
"Per sempre" è il rapporto che si crea con il malato e la sua famiglia dopo e oltre la cura.
E' la relazione che si fa subito intima quando con tutta la tua persona entri nel luogo più sacro, la casa. Per sempre è il rapporto che è nato con Silvia Granata, di cui vi raccontiamo la storia, a partire dalle sue parole. Ma è anche il rapporto che Silvia ha con Marcella..
Incontro con la Fondazione Maddalena Grassi
Sono entrata in contatto con la Fondazione Maddalena Grassi nel 2017.
Allora mio zio era molto malato. Desideravo fortemente che continuasse la sua vita a casa, circondato dagli affetti più cari. Non volevo fosse trasferito in una struttura, e nemmeno lui lo desiderava, ma la situazione era diventata ingestibile, e se non avessi trovato una soluzione in un tempo ragionevole, mio zio sarebbe stato necessariamente trasferito altrove. Fu un parente medico a suggerirmi di rivolgermi proprio alla Maddalena Grassi: “Vedrai che loro sapranno come aiutarti”. Quelle poche parole, ferme e decise, e che mi fecero subito intravedere uno spiraglio di luce, mi spinsero a prendere immediatamente un primo contatto telefonico con la Fondazione. Bastò una telefonata, poche , ma essenziali parole, per sentirmi subito accolta e per intuire che dal quel preciso momento non sarei più stata sola nell'affrontare un percorso che si profilava sempre più difficile e doloroso. Alcuni giorni dopo incontrai la dottoressa Orsola Sironi, che decise di prendere subito in carico mio zio, dopo aver valutato la gravità delle sue condizioni. I mesi che seguirono furono molto impegnativi, emotivamente difficilissimi, ma il calore e la professionalità dell'equipe furono per me indispensabili per superare quello che in quel momento mi appariva come insuperabile. Passarono alcuni anni ed entrai nuovamente in contatto con la Fondazione. Avevo bisogno di un supporto per mio padre, supporto che ancora mi fu dato e che per me si rivelò fondamentale, come era stato il precedente. Contemporaneamente, avvertivo dentro di me e sempre più forte un sentimento di profonda gratitudine verso la Fondazione, verso quelle persone che avevo conosciuto, che erano in grado di trasmettere sempre e comunque speranza e conforto, anche senza che vi fosse una richiesta esplicita, che erano entrate nella casa di mio padre, e che facevano oramai parte della mia vita, accompagnandomi in un percorso difficile. Ho avvertito chiaramente che per me era arrivato il momento di ricambiare quel grande dono, che stavo ricevendo ancora una volta dalla Fondazione. Fu allora che pensai di mettere a disposizione gratuitamente la mia professionalità. Sono biografa e da alcuni anni mi occupo anche di medicina narrativa, che non vuole essere un’alternativa alla medicina tradizionale, ma piuttosto un supporto, una modalità differente e complementare per affrontare il difficile percorso legato alla malattia e per garantire al paziente di superare l'isolamento. Un percorso, quindi, che attraverso un ascolto attivo, interessato, e partecipe, sia in grado di curare il malato e non solo la malattia. Narrare la propria storia può essere terapeutico, e prestare ascolto a quella stessa storia, significa passare dal curare, al prendersi cura: “I miei medici”, scriveva Tiziano Terzani, “tenevano conto esclusivamente dei fatti e non di quell’inafferrabile ‘altro’ che poteva nascondersi dietro ai fatti, così come i cosiddetti ‘fatti’ apparivano loro.
Io ero un corpo, un corpo malato da guarire. E avevo un bel dire: ma io sono mente, sono anche spirito e certo sono un cumulo di storie, esperienze e sentimenti, di pensieri, emozioni che con la mia malattia hanno probabilmente avuto un sacco a che fare!”
È necessario, quindi, tener presente anche gli aspetti non così immediati: la storia personale di ogni paziente non può che offrire l’occasione di contestualizzare dati clinici, andando così incontro ai bisogni individuali della persona malata. Marcella è stata la mia prima paziente. L'ho incontrata a casa sua, per alcuni mesi, una volta alla settimana, il lunedì. Un incontro felice, il nostro, uno scambio che si è rivelato da subito reciproco, nella gioia del non sapere più chi delle due donava e a chi, e dove anche il dolore è riuscito ad essere sorprendentemente capace di restituire e in parte ricostruire.