24 anni "di Fondazione": il direttore sanitario si racconta

In cheanno è arrivato in Fondazione? Ho cominciato a conoscere e a collaborare con FMG a fine1997 e poi, nel gennaio 1998 ho iniziato a lavorare come Direttore Sanitario.

Che cosasi aspettava e che cosa ha trovato? Sono venuto in Fondazione perché desideravo continuareun’esperienza lavorativa in una realtà che nascesse dal desiderio di fare delbene, senza scopo di lucro e potendo nel contempo mettere a frutto la miaformazione medica e l’ esperienza maturata nella gestione di realtà simili.Quello che ho trovato è esattamente quello che cercavo; un gruppo di personemolto motivate, a partire dal CdA che pur agendo su base volontaria dedicavacostantemente tempo ed energie per affrontare le problematiche emergenti, sempreattente a rimanere fedeli alle motivazioni che avevano fatto nascere laFondazione. Forte motivazione e professionalità erano presenti anche nellealtre persone, dai responsabili/coordinatori dei servizi  fino e gli operatoriprofessionali: infermieri, fisioterapisti, ASA e personale amministrativo.

Lei hainiziato la sua attività in Fondazione in un tempo che potremmo definire“pionieristico”. E’ corretto? Com’era il lavoro allora? Pionieristico mi sembra eccessivo, sicuramente si era agliinizi della collaborazione pubblico-privato. Tale collaborazione nasceva dacontatti diretti con dirigenti delle ASL o dei comuni, interessati ai tipi diservizi che noi offrivamo, questi si pionieristici: casa alloggio e assistenzadomiciliare a persone malate di AIDS. Le dimensioni erano ancora abbastanzapiccole e questo permetteva un rapporto diretto frequentissimo con tutte lepersone che lavoravano per FMG.

Cheevoluzione ha visto dai primi tempi ad oggi? Le cose sono poi cambiate prendendo una direzione più“istituzionale” da parte dell’Ente Pubblico, che attivava collaborazioni attraversobandi di gara (ad esempio per l’assistenza domiciliare integrata), il più dellevolte per acquistare quelle prestazioni professionali che l’Ente Pubblico nonriusciva a garantire con i propri dipendenti. Fortunatamente, in Regione Lombardiaè cresciuta una cultura della sussidiarietà che vedeva negli enti del privatonon un concorrente al sistema pubblico, ma un partner. Questo ha portato inRegione Lombardia a sviluppare il sistema degli accreditamenti che hannopermesso di superare in parte il sistema delle gare d’appalto. Certo laquestione diveniva più complessa, perché non venivano più richieste soloprestazioni professionali, ma richiedevano la capacità di gestire in toto iservizi, comprese le capacità di reperire strutture con i requisiti necessariper implementare dei servizi sanitari o socio-sanitari; nel contempo questarichiesta era evidentemente stimolante e permetteva di dare una maggiorimpronta personale al modo di lavorare, secondo quelle modalità e valori checaratterizzavano la FMG dal suo nascere. Parallelamente anche le dimensionisono molto aumentate: l’assistenza domiciliare è decuplicata e si èspecializzata nella presa in carico di pazienti con patologie complesse, comele malattie neurodegenerative o i bambini con grave e gravissima disabilità; èstata aperta una nuova casa alloggio per malati di AIDS, si è attivato ilservizio di Cure Palliative Domiciliari e la gestione infermieristica eassistenziale in due Hospice pubblici, si è ristrutturata una grande strutturaa Vigevano dove vengono gestite Comunità Protette e servizi diurni per pazientipsichiatrici oltre ad una Residenza Sanitaria per Disabili con 18 pl, dove sonoassistiti pazienti in stato vegetativo o con patologie neurodegenerative tipoSLA, Sclerosi Multipla, Corea di Huntington,… Sempre attenta alla cultura dellasussidiarietà FMG ha sostenuto in questi anni altre opere sociali che, essendoin difficoltà, avevano bisogno di un supporto organizzativo e gestionale perpoter proseguire la loro utile attività; in particolare una casa alloggio permalati di AIDS ed un Consultorio Familiare.

Che cosaè rimasto invariato, ad esempio il rapporto con i pazienti, la loro aspettativanell’accogliere un operatore in casa, ecc. Ilbisogno delle persone malate è quello di essere curate ed assistite adeguatamente,con un’attenzione particolare alle fragilità che la malattia si porta con sé e chein questi ultimi anni è andata anche crescendo per l’aumentare degli anzianisoli o di concomitanti problemi sociali ed economici o per la maggior fragilitàpsicologica. In tutto ciò è rimasto invariato il motivo da cui è nata FMG, cioèl’attenzione alla persona ed in particolare a quella malata ed al suo contestorelazionale.  Questo si traduce inun’organizzazione capace di affrontare efficacemente i bisogni dei pazienti,non solo quelli strettamente sanitari, anche attraverso  un’azione di formazione continua e disollecitazione del personale che opera per FMG proprio sugli aspettirelazionali e sull’importanza di uno sguardo che sappia accogliere l’altro comeun valore per sé.

“Entro inpunta di piedi” è una frase che gli operatori ripetono spesso. Rimane unasensazione dominante anche dopo tanti anni di pratica professionale? Certamente,specie nell’assistenza domiciliare, qui l’operatore quando entra in una casa nontrova solo il paziente e la sua patologia, entra in uno spazio carico di storia, di affetti ma anche di sofferenze,di storie belle ma anche a volte molto tristi. L’operatore domiciliare deveprima di tutto portare rispetto per tutto ciò che quella casa contiene.

Il direttore sanitario ha una granderesponsabilità, che è andata aumentando all’aumentare delle attività. Come cisi regola? Sistudia, ci si aggiorna, ci si dota di strumenti e procedure che sono d’aiutonel gestire efficacemente le responsabilità e le mansioni a cui si è chiamati, masoprattutto questa responsabilità si condivide. Sia con le persone che hannofatto nascere e che “dirigono” la fondazione sia con le persone che man manosono state inserite in ruoli di responsabilità sulle singole unità operative,ma anche con tutti gli altri operatori professionali: è un gioco di squadradove ciascuno è chiamato a mettere in gioco la propria responsabilità, siaumana che professionale.   

Ilrapporto con i pazienti che cosa le ha dato?  Ricordaqualcuno in particolare? Lapossibilità di partecipare alla loro gioia per la guarigione, la pazienza disopportare la fatica di una lunga malattia senza mai disperare, la capacità disacrificarsi per qualcuno che si ama, la capacità di apprezzare le piccole coseche la vita di ogni giorno regala se abbiamo gli occhi ed il cuore aperti,l’accettazione del limite, la certezza di una meta che ci attende. Ricordotanti pazienti che ho conosciuto personalmente, certamente tra questi spiccanoalcune persone anche giovani, che a fronte di una malattia inguaribile e di unasituazione di disabilità grande, mi hanno sempre accolto e mi accolgono in casaloro con un radioso sorriso.  

E con glioperatori? Ricordaqualcuno in particolare? Degli operatori della Fondazione ho sempre apprezzato illoro sincero desiderio di fare il bene delle persone malate a loro affidate.Molti capiscono che per fare questo occorre lavorare insieme, confrontarsi,domandare, rispettare le procedure, accettare le regole “burocratiche”. Altripensano di poter fare sempre da soli, di non avere bisogno di imparare daglialtri ed interpretano le regole e le procedure come degli ostacoli al lorolavoro. Con loro il rapporto è più difficile, a volte conflittuale ma il miodesiderio è stato sempre quello di aiutare le persone a crescere umanamente eprofessionalmente. In questo ovviamente c’è in gioco la libertà personale;qualcuno ha accettato la sfida, qualcun altro no ed ha smesso di lavorare connoi. 

Tre ragioni per fare il suo lavoro Aver voglia sempre di imparare cose nuove. Voler sempre mettereal primo posto la relazione con le persone, che siano i malati ed i lorofamiliari o i collaboratori.  Desideraredi andare sempre al motivo di fondo, al significato ultimo per cui si fannocerte scelte o si prende una decisione.

Tre ragioniper non farlo (se ce ne sono) Averpaura di assumersi responsabilità, di prendere decisioni.  Credere di sapere già tutto e non volersimettere in discussione.  Temerel’imprevisto, pensare che per governare un’azienda sia sufficiente una buonaorganizzazione.

Che cosafa adesso? Oltre a fare il nonno, continuo a far parte di questa bellaavventura che è la  FMG collaborando inqualità di specialista fisiatra e supportando il lavoro legato all’emergenzaCovid. Inoltre mi è stato chiesto, ed io ho accettato moltovolentieri, di entrare a far parte di un gruppo di persone che sono chiamate acondividere le motivazione dei soci fondatori ed a collaborare con il CdA.